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Fotografare con gli occhi. Intervista a Mimmo Jodice

Posted on 23/04/202123/04/2021 by Fabio Pariante

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IL LEGAME TRA MIMMO JODICE E LA SUA CITTÀ, NAPOLI, È LA FORZA DA CUI TRAGGONO ORIGINE MOLTE DELLE SUE FOTOGRAFIE. CON LUI ABBIAMO RIPERCORSO UNA LUNGA CARRIERA, SCANDITA DALLA FATICA E DAI GRANDI SUCCESSI.

In attesa di definire i prossimi progetti espositivi bloccati in Italia e all’estero a causa dell’emergenza sanitaria, Mimmo Jodice (Napoli, 1934), fotografo italiano tra i più grandi del nostro tempo, si racconta nel suo studio a Napoli, nel quartiere Posillipo.
I suoi esordi hanno origine dapprima tra pittura e scultura, poi nella fotografia, in cui la cifra artistica si completa in camera oscura attraverso le sue mani fino a trovare la giusta luce e la giusta ombra per l’immagine perfetta. A Napoli, nel 1967 arriva la prima personale alla libreria La Mandragola, ma non sono mancati i momenti bui, soprattutto da giovanissimo; forte è, invece, il legame con la moglie Angela, “la mia compagna di tutte le esperienze”, precisa sorridendo tra un pensiero e l’altro con occhi mai stanchi.

Quelle esperienze di vita hanno fortificato il loro rapporto, da quando all’inizio il suo lavoro “nessuno lo voleva” e doveva pagarsi a rate le pubblicazioni, oppure l’unico lusso che potevano permettersi erano i libri di fotografia, ma soprattutto quando, per il forte senso di comunità e di denuncia, si iscrissero entrambi al Partito Comunista. Questo spinse Jodice a muovere i primi passi nella fotografia con le inchieste sul lavoro minorile, nelle fabbriche, nelle carceri e negli ospedali psichiatrici. Strappi, sovrapposizioni e collage erano gli interventi che, dopo aver stampato, segnavano il disagio e il disappunto del fotografo nei confronti di una società sempre più sofferente e per la quale ha sempre combattuto.

La fotografia di Jodice è l’hic et nunc del suo stato d’animo. Vedute di Napoli (1980), La città invisibile (1990), Mediterraneo (1995), fino ai progetti più recenti, nella fotografia di Mimmo Jodice fa tanto rumore la solitudine, di chi nel tempo ha saputo attendere con umiltà i numerosi riconoscimenti, come il premio Antonio Feltrinelli dell’Accademia dei Lincei di Roma nel 2003, la Laurea Honoris Causa in Architettura nel 2006 all’Università degli Studi di Napoli Federico II e nel 2011 invece, il Ministero della Cultura Francese gli conferisce l’onorificenza Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres a Parigi.

Mimmo Jodice © Barbara Jodice
Mimmo Jodice © Barbara Jodice

INTERVISTA A MIMMO JODICE

Lei è nato nel quartiere Sanità, tra i più difficili sul territorio. Come è riuscito a emergere?
Non mi sono mai preoccupato di essere importante, mi sono sempre comportato in maniera spontanea. Non mi sono mai sentito un personaggio, per cui la Sanità è stato un quartiere dove ho vissuto l’infanzia, tutta la gioventù. È un ricordo importante, un compagno della mia vita. Il quartiere è sempre stato ricco di storia e personalità e oggi sta cambiando molto con progetti straordinari; il fatto di appartenere proprio a questa realtà mi ha convinto a non lasciare Napoli.

Come ricorda quel periodo?

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